Pronto a rinascere il Parco Cappuccini

Mentre gran parte del centro storico di Bolzano è ostaggio dei lavori per la costruzione delle infrastrutture per il Waltherpark, sembrerebbe in procinto di sbloccarsi la situazione relativa alla riqualificazione del Parco dei Cappuccini.

Solo qualche settimana fa, su queste pagine, constatavamo come nel 2020 il parco abbia cominciato ad ospitare con maggiore frequenza spettacoli e rassegne culturali: dal Cinema sotto alle stelle ai concerti dell’Orchestra Haydn, dalla edizione bolzanina del Trento Film Festival, alle iniziative della Biblioteca provinciale in lingua italiana Claudia Augusta. Una situazione totalmente diversa rispetto a pochi anni prima: i nostri lettori più attenti ricorderanno gli sforzi del comitato di quartiere “Quasicentrum” che ancora nel 2015 definiva le vie intorno al parco “un quartiere di passaggio, tagliato dal traffico, poco valorizzato e abbandonato a sé stesso, al deperimento e degrado, sino a soffrire delle stesse condizioni di una periferia.”

Nelle ultime settimane il dibattito su ciò che sarà il nuovi Parco dei Cappuccini si è fatto più fitto. E’ di pochi giorni fa la notizia che c’è un progetto per il parco che tenta di mettere d’accordo la Provincia (che è il committente) ed il Comune di Bolzano.

Per provare a fare un po’ di chiarezza, abbiamo contattato il progettista, l’architetto bolzanino Kurt Wiedenhofer, e già dopo poche battute abbiamo capito la complessità della gestione del progetto. Dire che coinvolge Provincia e Comune è riduttivo, considerati i numerosi uffici delle due istituzioni coinvolti nel progetto. Non dobbiamo dimenticare inoltre il ruolo delle istituzioni che si affacciano sul parco: il Teatro Comunale con il Teatro Stabile e la sua controparte tedesca, le VBB, Vereingte Bühnen Bozen, ed il Centro culturale Trevi – TreviLab con il Centro Multilingue, il Centro Audiovisivi e la Biblioteca provinciale italiana Claudia Augusta.

La prima cosa che salta all’occhio è che spariranno gran parte degli elementi attuali del parco e che l’organizzazione interna verrà rivista. Nelle intenzioni di Provincia e Comune era centrale l’idea di uno spazio che consentisse l’organizzazione di eventi culturali. Un’altra idea era stata formulata dalle istituzioni teatrali presenti in piazza Verdi, che avevano manifestato l’interesse ad avere un chiosco in prossimità del Teatro. Ed un’altra visione ancora prevedeva un collegamento almeno visivo tra il Centro Trevi – Tevilab ed il Teatro.

Architetto Wiedenhofer: “Il progetto ha cercato di tenere conto di tutte queste esigenze.  Ci saranno due nuovi varchi nel muro perimetrale: uno verso il Teatro, mentre quello attuale di via Cappuccini viene chiuso, ma ce ne sarà uno nuovo all’altezza del Centro Trevi. Non ci sarà un chiosco, ma uno “spazio bistrot” che sorgerà nella parte nordest del parco. Si tratta di una soluzione trovata dal mio collega bergamasco Marco Formenti, che da un paio di anni lavora in provincia di Bolzano. Questa area ospiterà anche uno spazio “palco” per manifestazioni. L’idea è che sia il gestore del bistrot a farsi carico della gestione e del coordinamento del programma delle attività nel parco, oltre che di chiudere i cancelli la sera.”

Dal varco di ingresso di via Cappuccini si accede presto ad una area dove sorgerà un parco giochi, e subito più a sud sorgerà una piccola ludoteca, oltre che una area espositiva temporanea.

Il progetto prevede anche una struttura polifunzionale esterna al parco, tra la fontana e la strada, che verrà adibita a parcheggio biciclette e fermata del bus.

Il progetto, per andare avanti, necessita ancora delle autorizzazioni e della variazione al Piano Urbanistico Comunale. I tempi non sono immediati, ma vedere progressi sulla riqualificazione del parco, non può che far piacere.

(Till Antonio Mola)

Articolo pubblicato sul numero 23/2020 di QuiBolzano

In ricordo di don Carlo Nicoletti

Don Carlo Nicoletti, originario di Novaledo in Trentino, si è spento lo scorso 2 novembre a Bolzano a causa di complicazioni legate al Covid-19. Per decenni il sacerdote è stato l’anima delle Acli e della parrocchia dei Piani. 

A inizio novembre è venuto a mancare, all’età di 89 anni, don Carlo Nicoletti. Il sacerdote è stato a lungo parroco ai Piani e cappellano della Scuola di Polizia di Bolzano.

Pensando a lui, si pensa all’impegno della Chiesa nel sociale e per i lavoratori. Don Carlo dal 1965 è stato attivo nelle ACLI, le Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani. Più in generale don Nicoletti è stato per anni uno dei volti della chiesa che si si spende per i propri fedeli attraverso un occhio attento per le vite individuali, le relazioni, la promozione di uno sguardo attento alla società che è la premessa fondamentale per costruire quel tessuto connettivo presupposto indispensabile per salvaguardia dei diritti, solidarietà e carità.

Per cercare di tracciare un ricordo “recente” di quello che don Carlo è stato, ci siamo rivolti a

don Mario Gretter, un sacerdote noto per essere molto progressista. Don Mario ha vissuto due anni al Cairo per studiare l’Islam, conosce l’arabo ed è una sorta di ponte del mondo cattolico altoatesino verso le altre culture e religioni.

“Sono arrivato a San Giuseppe ai Piani pochi anni dopo che don Carlo ne aveva lasciato la guida per raggiunti limiti d’età. Da giovane parroco sono entrato, non solo nella comunità parrocchiale dei Piani, ma anche nella piccola comunità domestica della canonica, composta da don Carlo, don Giovanni Costanzi, già avviato verso i 90 anni, ma ancora vivace e coltivatore assiduo di relazioni e incontri con le tante persone conosciute, accompagnate e sostenute durante il lungo servizio pastorale in centro, e l’infaticabile Mariya, perpetua e poi badante fedele.

Passati i tempi della cappellania presso la Scuola di Polizia, dell’impegno attivo nelle ACLI, ma soprattutto della parte burocratica dell’attività di parrocchia, don Carlo ha potuto godere, con il suo stile calmo e sorridente, di lunghe letture e approfondimenti, che puntualmente arrivavano sulla tavola, nelle chiacchierate del venerdì a pranzo, tra una portata e mezzo bicchiere di vino rosso.”

“Ho negli occhi, ogni volta che arrivavo per il pranzo del venerdì, un don Carlo che passava dalle letture di approfondimento alla recita del breviario fino alla scrittura della predica, sempre ben preparata, nel suo ufficio in canonica. Equilibri che l’età e le vicende della vita hanno incrinato, a partire dalla morte di don Giovanni nel febbraio del 2015, dopo aver condiviso un’amicizia fraterna per oltre 40 anni. Il dolore e dispiacere della perdita hanno messo in luce delle fragilità che forse prima si potevano solo intravedere, fino ad arrivare alla malattia, che ha portato via tante parti di don Carlo, ma non tutte. Sicuramente la cura e gli stimoli costanti di Mariya, hanno rallentato il rarefarsi di ricordi e capacità di riconoscere e riconoscersi. E qui credo di poter vedere un po’ la cifra di tutto il suo impegno di una vita per gli altri, per i lavoratori alle ACLI, per le reclute della Scuola di Polizia, per le parrocchiane e i parrocchiani. Fino all’ultimo don Carlo ha voluto celebrare la S. Messa e per questo si svegliava più volte nella notte, con il bisogno di andare a celebrare. Non si tratta di un rito, ma di qualcosa di essenziale e vitale, una sorgente per la vita: Gesù si spezza e dona tutto sé stesso e ci invita a fare altrettanto. Con il suo stile pacato e sorridente, don Carlo ha cercato di spezzarsi e di donarsi: questo era il suo impegno per tutti.”

tamArticolo pubblicato sul numero 22/2020 di QuiBolzano.

Uno stand al Museo, per conoscere meglio il lupo

Il Museo di Scienze Naturali di via Bottai ha da poco aggiunto una stazione informativa sul lupo in Alto Adige alla preesistente sezione dedicata all’orso. Orso e lupo, due specie di animali selvatici che spesso vengono etichettati come problematici, spesso anche pericolosi. “In realtà – ci spiega Giulia Rasola, che insieme a Johanna Platzgummer ha curato i contenuti della postazione – si tratta spesso di una questione di percezione. Culturalmente siamo abituati a convivere con determinati rischi della montagna, siamo portati ad accettare il rischio di un incidente in montagna, o il fatto di poter essere morsi da una vipera. Conosciamo la situazione e ci attrezziamo al meglio per affrontarla.

Nei paesi in cui queste specie sono sempre rimaste presenti, penso per esempio alla Slovenia, la popolazione è abituata a conviverci (non ne ha timore) e ha mantenuto pratiche di difesa delle greggi altamente efficaci.

Dobbiamo comunque stare attenti a non confondere la situazione delle due specie. Mentre alla base della presenza dell’orso sin dagli anni 1999-2000 sono stati avviati dei programmi di ripopolamento della specie nei nostri boschi, con trasferimenti di orsi dalla Slovenia al Trentino, la presenza del lupo nei nostri boschi è naturale. Il lupo, che non è necessariamente un animale da montagna, non si è mai estinto ed in Italia si è ritirato nelle zone appenniniche del centro Italia approfittando anche del fenomeno dello spopolamento della montagna, soprattutto in Abruzzo. Poi, negli ultimi decenni, il lupo è risalito per l’Appennino fino in Liguria per poi cominciare a ripopolare le Alpi da Ovest in direzione Est.”

La stazione informativa ospita una riproduzione 1:1 della lupa denominata WBZ-F1, che vive in Val di Non e di cui gli studiosi riescono ad apprendere moltissime nozioni sul suo comportamento grazie al radiocollare di cui è provvista. La stazione è dotata di una postazione con “touch screen” che permette tramite dei giochi intuitivi di approfondire le conoscenze sul lupo tramite una serie di giochi educativi: riconoscere la differenza tra lupo e cane, conoscere i lupi ed il loro ambiente, la loro diffusone o il loro rapporto con l’uomo. 

“Uno degli aspetti che approfondiamo – continua Giulia Rasola – è legato alla caccia e al gruppo famigliare del lupo. Un lupo solitario, come ad esempio un giovane in fase di dispersione, caccia prede più piccole come lepri o caprioli. La caccia di gruppo scatta solo nel caso di prede più grandi, come per esempio il cervo. Ma in ogni caso il lupo svolge un importante ruolo ecologico perché caccia soprattutto animali malati e debilitati.

Anche quando il lupo si muove in branco, è bene specificare che nelle Alpi questo è perlopiù formato da un gruppo famigliare formato dai due adulti e dai piccoli, talvolta anche dai fratelli nati l’anno prima

Spesso i lupi fanno notizia per quando attaccano e uccidono pecore. In realtà le statistiche evidenziano che, per esempio, nel 2019 le pecore hanno costituito solo lo 0,24 per cento della dieta dei lupi che popolano i boschi dell’Alto Adige. Il resto delle predazioni ha riguardato ungulati selvatici, prevalentemente caprioli o cervi. 
L’invito è quindi quello di visitare il secondo piano del museo dove le sezioni informative di orso e lupo sono inserite in uno spazio denominato “Ritorno sulle Alpi”, nel quale in futuro troveranno spazio anche altre specie autoctone di animali.

(Till Antonio Mola)

Articolo pubblicato sul numero 21/2020 di QuiBolzano.