In montagna con la bicicletta

Florian Puff, 61 anni, gestisce un bar in via Laurino. Durante la prima fase della pandemia i media gli dedicarono attenzione in quanto era stato tra i primi esercenti del capoluogo ad adottare misure di protezione che gli consentissero di tenere aperta la sua attività. Quello che molti non sanno è che Florian Puff nel privato è uno sportivo appassionato di montagna che pratica l’arrampicata su ghiaccio, lo scialpinismo e mountainbike “estremo”.
A fine marzo ha destato attenzione un suo video, postato sul suo profilo Facebook, dal titolo “Dolomiten Bikepacking”, un circuito di 4 giorni (e tre notti) affrontato in mountainbike: 150 chilometri di lunghezza per un totale di 7000 metri di dislivello, da solo nella natura, con tenda e sacco a pelo, utilizzando il più possibile percorsi off-road. La magia del video sta nell’esperienza della solitudine nei luoghi simbolo delle Dolomiti, oggi deserti a causa del lockdown (L’ Alpe di Siusi e le piste da sci sulle pendici del gruppo del Sella).

QUIBolzano: Cosa La spinge a cercare rifugio nella natura?
Florian Puff: Con la mia attività, la mia giornata lavorativa è di 14 ore. Ma con il lockdown di colpo mi sono trovato ad avere tantissimo tempo libero. Il periodo più duro è stato sicuramente il primo lockdown, quello in cui ci siamo tutti trovati relegati in casa senza la possibilità di abbandonare il comune di residenza. Se vivi a Bolzano e sei appassionato di scialpinismo, arrampicata su ghiaccio e mountainbike in altura, non è il massimo…

Quando con  l’inverno ci siamo ritrovati nuovamente in lockdown, la novità era data dalle nuove norme che consentivano a chi girava in bicicletta, di uscire dal territorio comunale. E’ stato così che ho cominciato ad andare a fare scialpinismo con la bici. Ho trovato il modo di fissare gli sci sulla mountainbike e sono partito alla volta di Obereggen. Lì ho messo gli sci, ho fatto la mia escursione e alla fine sono rientrato a Bolzano con la bici.
Senza restrizioni, sarei partito in auto, avrei fatto la mia escursione con gli sci e la sera sarei tornato a casa soddisfatto. Se decidi di andare in bici, ti devi imporre di partire la mattina alle quattro e devi mettere a bilancio almeno due ore per salire. Ho fatto 10-12 escursioni così, con la mountainbike e poi gli sci, ma è una esperienza massacrante.

Quindi ho cominciato a ragionare su delle alternative, finché sono giunto alla conclusione che avrei lasciato gli sci a casa e che sarei partito in mountainbike. Ho studiato percorsi alternativi alla strada asfaltata, ma comunque percorribili nonostante la neve. E ho cominciato ad esplorare nuovi sentieri, una esperienza nuova, non ultimo per via della neve e del ghiaccio…

QUIBolzano: Non ha mai avuto il timore di scivolare, di “impiantarsi” durante una discesa e di cadere in malo modo?

Florian Puff: Ho fatto esperienza di tutto (ride, ndr). Comunque impari presto a capire che ci sono situazioni in cui puoi solo smontare dalla bicicletta e spingerla.

QUIBolzano: Ha una mountainbike particolare? Per queste escursioni ha montato dei rapporti particolarmente leggeri o usa gomme chiodate?

Florian Puff: Gomme chiodate mai, quelle servono se vai esclusivamente su ghiaccio. La bici la ho adattata da tempo alle mie esigenze, è già concepita per performance estreme, i rapporti sono leggeri, ma a me interessa anche la velocità. Certo, sento che con l’età comincio anche a perdere la potenza di un tempo. Cerco di pianificare le escursioni in modo da essere sulla neve al mattino, fino a mezzogiorno. Il pomeriggio percorro possibilmente tratti con fondo asciutto

QUIBolzano: Immagino che conti anche il fattore peso

Florian Puff: I materiali sono importanti, la bici pesa 14 chili e per quanto riguarda il bagaglio, cerco di economizzare quanto più possibile. Il mio bagaglio è montato su manubrio, sul portapacchi agganciato alla sella, più uno zainetto. In tutto 10 chili circa. Utilizzo materiale tecnico, caldo e resistente ma leggero: dall’abbigliamento, alla tenda e al sacco a pelo. Poi devo portarmi dietro un fornelletto, in queste escursioni è sempre importante assumere liquidi caldi, l’acqua la ricavo sciogliendo la neve

Poi devi pensare che ogni tanto devi scendere dalla bici, altrimenti rischi di stare in sella per 15 ore al giorno. Io mi porto dietro una macchina fotografica. Un tempo ero un appassionato fotografo, ma ultimamente, specie per questi giri mi porto dietro solo una fotocamera compatta che stia in tasca. Ne uso una buona, ma non mi piacciono le action cam, perché tendono a distorcere molto. Per il video che vedi sul mio profilo, ho fatto diverse riprese, ma senza guardare il singolo risultato. Deve andar bene, non è che posso compromettere la batteria. Una di riserva la porto dietro, ma non c’è possibilità di ricaricarla, quindi bisogna risparmiare dove si può, si lascia a casa tutto il superfluo.

QUIBolzano: Come le è venuta l’idea di una quattro giorni in solitaria, solo Lei e la natura?

Florian Puff: Due o forse tre anni fa mi sono imbattuto in una parola nuova: Backbiking, che interpreta la filosofia della tenda e del sacco a pelo abbinata alla bicicletta. Il termine era associato ad una manifestazione che si svolge ogni anno in Toscana, il Tuscany Trail al quale ho partecipato.

Riportiamo dal loro sito internet (www.tuscanytrail.it): “Un’avventura di 500 km in sella alla tua bicicletta, da Nord a Sud, in “autosufficienza” come veri avventurieri del ventunesimo secolo. Un itinerario caricato sul GPS e via ognuno con il proprio passo, senza tempo limite, perché l’avventura è un diritto che deve essere alla portata di tutti. Ad oggi è l’evento al mondo che detiene il maggior numero di partecipanti presenti: 1230. Un’evasione dalla routine quotidiana, uscirai dalla tua “comfort zone” e ti ritroverai a vivere intere giornate con i ritmi dettati solamente dall’alba e dal tramonto. I più avventurosi tra di voi sicuramente non perderanno l’occasione per dormire sotto il cielo stellato con la tenda o solamente il sacco a pelo.”

Quando ha fatto partire la tua esperienza di Backbiking nelle Dolomiti?

Dal 23 al 27 marzo ho fatto il mio trail, tutto in solitaria.

Martedì 23 marzo: Bolzano – Tires – San Cipriano – Lavina Bianca, Schönblick (Aica) – Umes- Laghetto di Fiè – Alpe di Siusi con sosta per la notte a Spitzbühel

Mercoledì 24 marzo: Spitzbühel – Rifugio Molignon (Mahlknechthütte) – Tirler – Selva Gardena – Passo Gardena (sosta per la notte)

Giovedì 25 marzo: da Passo Gardena lungo le piste da sci fino a Corvara – San Martino in Badia – Antermoia – Passo delle Erbe –  San Pietro (Val di Funes) – Chiusa – Villandro – Alpe di Villandro

Venerdì 26 marzo: Alpe di Villandro – Sella gasteiger Sattel – Corno del Renon – Pemmern – Soprabolzano – Bolzano

QUIBolzano: La notte dormiva in tenda, in posti con una vista meravigliosa. Ha mai avuto paura?

Florian Puff: La notte senti tantissimi rumori. Un tempo non ci pensavo, però in linea teorica so che c’è la possibilità di incontrare qualche animale, penso all’orso o ai lupi, anche se la possibilità è remota. Statisticamente in Alto Adige vivono più cervi che lupi, eppure non ne incontri quasi mai. Io per ogni evenienza ho sempre a portata di mano uno spray al peperoncino, nella speranza di non doverlo mai usare

Till Antoinio Mola

Articolo pubblicato sul numero 07/2021 di QuiBolzano. Articolo disponibile anche online QUI.

(Centro – Piani – Rencio) Centro storico: un unico grande cantiere

Da febbraio il centro storico è interessato da cantieri stradali di rifacimento della pavimentazione in cubetti in porfido. Il disagio maggiore lo registra chi abita vicino a via Talvera, prima per un semaforo che imponeva il traffico alternato nel tratto a doppio senso di circolazione, e poi per la perdita temporanea dei preziosissimi posti auto riservati ai residenti.

Gli altri due cantieri degli ultimi due mesi hanno riguardato ed in parte ancora riguardano la zona pedonale: via Grappoli e via Leonardo Da Vinci, dove soprattutto quest’ultima è quella che dai lavori subirà una evidente trasformazione, considerato che siamo da sempre abituati a vedervi parcheggiate moltissime biciclette. Abbiamo contattato uno dei responsabili del cantiere, il geom. Alberto Frascati, che ci informa che uno degli obiettivi dei lavori è quello di uniformare il tratto pedonale della via alle altre vie, tipo via Goethe e via della Mostra, in cui in passato era stato tolto lo scalino del marciapiede, portando strada e marciapiede allo stesso livello. Ma per via Leonardo da Vinci, l’estetica non è la motivazione principale per l’avvio dei lavori, il problema grosso è dato dallo smaltimento delle acque piovane. Negli ultimi tempi abbiamo visto come le piogge intense siano diventate sempre più frequenti, l’acqua piovana si concentra in pochi eventi importanti durante l’anno, e ciò impone la predisposizione di adeguate vie per il deflusso delle acque prevedendo per esempio anche tubi interrati di maggiori dimensioni. Tutto questo anche per scongiurare quanto successo la scorsa estate in Corso Libertà: una parte di portico interamente sott’acqua, nuova ciclabile impraticabile, con acqua che fuoriusciva dai tombini, incapaci di smaltire la pioggia.

Però in città c’è chi mormora che i lavori in via Leonardo da Vinci vengano fatti soprattutto per liberarla dal parcheggio selvaggio delle biciclette. Tra Università, negozi ed uffici, sono molti i bolzanini che scelgono via Leonardo Da Vinci – lato portico – per lasciarvi le proprie biciclette, e non è difficile comprendere che c’é chi queta cosa non la veda di buon occhio. E quindi la domanda viene quasi spontanea: che fine faranno i posteggi per le bici? Capiamo presto quanto questo quesito sia spinoso e quanto sia difficile trovare qualcuno disposto a prendere posizione in merito, tenuto conto che la scelta possa essere impopolare. Per questo motivo abbiamo contattato l’Assessore alla Mobilità del Comune, l’arch. Stefano Fattor: “Via Leonardo Da Vinci è un cantiere dei Lavori Pubblici, lo sta seguendo il vicesindaco Walcher. Io posso anticipare che nelle previsioni spariscono una serie di rastrelliere per biciclette, in particolare quelle davanti al portico. Ci sarà sicuramente un periodo di disagio perché spariscono parecchi posti biciclette. Tuttavia posso dirle che l’Ing. Moroder, direttore dell’ufficio mobilità, ed io stiamo per presentate al sindaco e al vicesindaco la nostra proposta di soluzione del problema, molto innovativa, molto visionaria per Bolzano. Per correttezza istituzionale non posso anticipare nulla (il giornale ha chiuso prima dell’incontro con Sindaco e Vicesindaco, ndr), posso però dirLe che rispetto al numero di bici che ci sono adesso, puntiamo ad avere almeno 150 – forse 200 posti bici in più. Con questa operazione dovrebbero anche scomparire definitivamente tutte le biciclette che vengono regolarmente legate ai ciliegi della Piazza dell’Università.” Una anticipazione che incuriosisce, ma noi non possiamo che prendere atto di questa volontà di trovare una soluzione all’annoso problema del posteggio delle biciclette soprattutto a ridosso della zona pedonale e in zona stazione. Vi terremo aggiornati da queste pagine.

Till Antonio Mola

Articolo pubblicato sul numero 06/2021 di QuiBolzano

(Centro Piani Rencio) Una nuova circoscrizione già al lavoro

A leggerne i nomi della presidente e del vicepresidente, il Consiglio di Quartiere Centro-Piani-Rencio appare da subito molto particolare: la Presidente è Sylvia Hofer, una donna fortemente espressione del suo partito, la SVP, 15 anni di presenza in consiglio comunale, è già stata Presidente della Commissione consiliare alla Cultura, per l’ultima tornata elettorale si è candidata solo per la circoscrizione del centro ed ha ricevuto ben 600 voti di preferenza; il vicepresidente invece è Salvatore Falcomatà, con alle spalle una lunga storia di militanza politica di sinistra iniziata ancora negli anni ’70, con una esperienza di decenni nel sindacato e nel volontariato. Una coppia decisamente molto particolare

Chi è Salvatore Falcomatà e come è finito a fare il Vicepresidente di circoscrizione?

Salvatore Falcomatà: “Politicamente dal 1974 al 1980 ho militato nel PdUP, il Partito di Unità Proletaria per il Comunismo, poi sono stato nel PCI e poi Rifondazione Comunista con cui nel 2005 sono stato presidente della Circoscrizione di Oltrisarco. Ma vanto anche una esperienza pluridecennale nel volontariato laico. Per le ultime elezioni è stato Caramaschi a chiedermi di candidarmi nei quartieri per la sua lista civica. Tra di noi c’è un rapporto di stima reciproca”

“Sono stato eletto ad Oltrisarco e ai Piani, ma su invito del sindaco ho scelto di andare ai Piani, sia per coprire una assenza (se non fossi andato, la lista avrebbe perso un seggio), sia per la mia esperienza, utile per una circoscrizione dalle difficili e complicate tematiche…”

QUI: Come valuta la Sua esperienza fino a questo momento e come si trova a lavorare con la Presidente del Consiglio di Quartiere?

Salvatore Falcomatà: “Pur essendo un organo per molte questioni solo consultivo, io ritengo che i consigli di circoscrizione siano il vero collante tra cittadinanza e Comune. A me questa possibilità di dialogo con la cittadinanza piace molto. Per quanto riguarda il rapporto con Sylvia Hofer, devo dire che ci troviamo bene a lavorare insieme, certo le discussioni sono accese, ma abbiamo entrambi un approccio molto pratico alle questioni”

Aspetto confermato anche d Sylvia Hofer: “Non conoscevo Salvatore. Ci capiamo bene, entrambi siamo molto pratici, ritengo che siamo molto compatibili.”

Che continua:
“Il consiglio è molto variegato, degli 11 consiglieri, 8 sono di liste di maggioranza anche se le dinamiche in consiglio di circoscrizione sono diverse rispetto al consiglio comunale. Affrontiamo più situazioni pratiche e ci auspichiamo di trovare soluzioni ampiamente condivise”

QUI: Come valuta fino a qui la sua esperienza da Presidente?

Sylvia Hofer: “Una delle prime misure che da me adottate, oltre a fissare da subito tutte le riunioni fino a giugno, è stato il passaggio dalle riunioni in presenza a quelle online. La mia circoscrizione in questo senso ha fatto da apripista.

QUI: quali son i prossimi temi all’ordine del giorno?

Sylvia Hofer: “Nelle future riunioni affronteremo questioni spinose come la gestione dei rifiuti – un tema molto dibattuto è il pessimo stato in cui versano molte isole ecologiche. Poi c’è il tema della mobilità, che comprende la variante sotto Monte Tondo, ma anche Rencio, dove l’abitato sorge praticamente lungo la strada, e quindi il traffico lì andrebbe alleggerito. Un altro tema caldo riguarda l’ARBO, il piano di recupero dell’areale ferroviario. Anticipo qui che ci batteremo anche per la riapertura dell’ufficio postale di via Brennero, chiuso in occasione del primo lockdown e non più riaperto

Till Antonio Mola

Articolo pubblicato sul numero 03/2021 di QuiBolzano

In ricordo di don Carlo Nicoletti

Don Carlo Nicoletti, originario di Novaledo in Trentino, si è spento lo scorso 2 novembre a Bolzano a causa di complicazioni legate al Covid-19. Per decenni il sacerdote è stato l’anima delle Acli e della parrocchia dei Piani. 

A inizio novembre è venuto a mancare, all’età di 89 anni, don Carlo Nicoletti. Il sacerdote è stato a lungo parroco ai Piani e cappellano della Scuola di Polizia di Bolzano.

Pensando a lui, si pensa all’impegno della Chiesa nel sociale e per i lavoratori. Don Carlo dal 1965 è stato attivo nelle ACLI, le Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani. Più in generale don Nicoletti è stato per anni uno dei volti della chiesa che si si spende per i propri fedeli attraverso un occhio attento per le vite individuali, le relazioni, la promozione di uno sguardo attento alla società che è la premessa fondamentale per costruire quel tessuto connettivo presupposto indispensabile per salvaguardia dei diritti, solidarietà e carità.

Per cercare di tracciare un ricordo “recente” di quello che don Carlo è stato, ci siamo rivolti a

don Mario Gretter, un sacerdote noto per essere molto progressista. Don Mario ha vissuto due anni al Cairo per studiare l’Islam, conosce l’arabo ed è una sorta di ponte del mondo cattolico altoatesino verso le altre culture e religioni.

“Sono arrivato a San Giuseppe ai Piani pochi anni dopo che don Carlo ne aveva lasciato la guida per raggiunti limiti d’età. Da giovane parroco sono entrato, non solo nella comunità parrocchiale dei Piani, ma anche nella piccola comunità domestica della canonica, composta da don Carlo, don Giovanni Costanzi, già avviato verso i 90 anni, ma ancora vivace e coltivatore assiduo di relazioni e incontri con le tante persone conosciute, accompagnate e sostenute durante il lungo servizio pastorale in centro, e l’infaticabile Mariya, perpetua e poi badante fedele.

Passati i tempi della cappellania presso la Scuola di Polizia, dell’impegno attivo nelle ACLI, ma soprattutto della parte burocratica dell’attività di parrocchia, don Carlo ha potuto godere, con il suo stile calmo e sorridente, di lunghe letture e approfondimenti, che puntualmente arrivavano sulla tavola, nelle chiacchierate del venerdì a pranzo, tra una portata e mezzo bicchiere di vino rosso.”

“Ho negli occhi, ogni volta che arrivavo per il pranzo del venerdì, un don Carlo che passava dalle letture di approfondimento alla recita del breviario fino alla scrittura della predica, sempre ben preparata, nel suo ufficio in canonica. Equilibri che l’età e le vicende della vita hanno incrinato, a partire dalla morte di don Giovanni nel febbraio del 2015, dopo aver condiviso un’amicizia fraterna per oltre 40 anni. Il dolore e dispiacere della perdita hanno messo in luce delle fragilità che forse prima si potevano solo intravedere, fino ad arrivare alla malattia, che ha portato via tante parti di don Carlo, ma non tutte. Sicuramente la cura e gli stimoli costanti di Mariya, hanno rallentato il rarefarsi di ricordi e capacità di riconoscere e riconoscersi. E qui credo di poter vedere un po’ la cifra di tutto il suo impegno di una vita per gli altri, per i lavoratori alle ACLI, per le reclute della Scuola di Polizia, per le parrocchiane e i parrocchiani. Fino all’ultimo don Carlo ha voluto celebrare la S. Messa e per questo si svegliava più volte nella notte, con il bisogno di andare a celebrare. Non si tratta di un rito, ma di qualcosa di essenziale e vitale, una sorgente per la vita: Gesù si spezza e dona tutto sé stesso e ci invita a fare altrettanto. Con il suo stile pacato e sorridente, don Carlo ha cercato di spezzarsi e di donarsi: questo era il suo impegno per tutti.”

tamArticolo pubblicato sul numero 22/2020 di QuiBolzano.

Lab:bz, mediazione urbana, dal basso

Torniamo a scrivere di lab:bz, laboratorio urbano e una piattaforma di dialogo e di idee. Lab:bz è un gruppo indipendente di cittadini di diverse professioni, pianificatori e liberi professionisti, che si adopera per uno sviluppo urbano sostenibile. Uno dei punti cardine dei suoi ragionamenti è che la pianificazione urbana debba concentrarsi maggiormente sugli spazi pubblici, luoghi d’incontro e di relazione. Lab:bz si adopera per una forte riduzione del traffico motorizzato privato, del rafforzamento del trasporto pubblico di vicinato ampliamento delle zone pedonali in tutti i quartieri riqualificazione del verde alberato esistente e delle aree verdi.

Un esempio pratico di come opera, è dato dal suo ruolo di mediazione tra gli abitanti del quartiere Bozen-Dorf (In Villa) ed il Comune di Bolzano.

Abbiamo contattato Margot Wittig di lab:bz, ed appreso che uno dei principali problemi, soprattutto degli abitanti di via Beato Arrigo e di Via Weggenstein, sia dato dal traffico pendolare, da chi, proveniente in auto da Sarentino e San Genesio adopera Ponte S. Antonio per raggiungere il centro.
Uno degli obiettivi emersi dagli incontri con i cittadini erano la diminuzione del limite di velocità, la conversione di alcune parti della via in strada residenziale e l’installazione di almeno una speedbox.

Altri problemi emersi riguardano i ciclisti indisciplinati (in via Castel Roncolo), il trasporto pubblico (posizioni e arredo delle fermate del bus) e le passeggiate del Talvera (Wassermauerpromenade).

Con queste richieste i rappresentanti di lab:bz il 6 marzo, quindi poco prima del lockdown, hanno incontrato in municipio Luis Walcher. Un incontro franco in cui il vicesindaco, pur non potendo promettere una attuazione immediadiata dei suggerimenti avanzati, aveva annunciato di voler affrontare nel breve termine i punti più importanti e più facilmente realizzabili.

E’ stata ad esempio indicata una priorità sul fronte traffico: nella zona di fronte all’Ex Oberalp-Eccel è in fase di progettazione un nuovo marciapiede, i pali della luce saranno spostati sul lato della strada, in modo da creare un marciapiede protetto. Si deciderà se almeno una speedbox può essere posizionata nella curva sopra il convitto S.Giorgio. C’è inoltre un’idea di dipingere dei simboli sull’asfalto per segnalare la strada residenziale.
In Via Castel Roncolo si valuterà come garantire una maggiore sicurezza per i pedoni sul marciapiede, probabilmente intervenendo sulla segnaletica orizzontalesul marciapiede/pista ciclabile.

Sul Talvera, il bar S. Antonio, di proprietá della Provincia, potrebbe essere rilevato dal Comune e l’edificio ristrutturato, compreso i servizi igienici, prima di un nuovo contratto di locazione. I residenti chiedono che venga ristrutturata la Casa del giardiniere (sopra Vicolo Sabbia) e assegnata ad una associazione, ma ci sono da affrontare diverse verifiche amministrative, per cui non c’è da aspettarsi una decisione in tempi brevi.

La notizia buona di questi incontri è che grazie all’intermediazione di lab:bz, i cittadini hanno l’opportunità che le proprie istanze possano venire presentate al meglio da parte di professionisti riconosciuti dall’amministrazione comunale.

(Till Antonio Mola)

Articolo pubblicato sul numero 20/2020 di QuiBolzano.

Cappuccini: un parco che vuole “vivere”

Mai come in questo periodo si ha la percezione di quanto Bolzano sia un cantiere. I lavori che porteranno alla realizzazione del Waltherpark, il progetto “Benko” che prevede – citiamo dal sito WaltherPark.com – “la riqualificazione e la a valorizzazione del quartiere fra la stazione ferroviaria, piazza Verdi e piazza Walther”, sono in pieno corso ed in questo momento interessano, oltre alla zona di Parco Stazione, via Alto Adige e Piazza Verdi. Ma le ripercussioni si hanno sull’intera rete viaria nonché sulle vie adiacenti a questo enorme cantiere.

Il pensiero va ad una parte di città, le vie a ridosso del Parco dei Cappuccini, che già prima del progetto “Benko”, lamentava una percezione di abbandono rispetto al centro vero, oltre le vie dove passano gli autobus di linea: “Il quartiere è parte del centro storico della città di Bolzano, ma non vi appartiene (…). E’ un quartiere di passaggio, dove non ci si ferma, tagliato dal traffico, poco valorizzato, un prolungamento atrofico del centro. E come tale è abbandonato a sé stesso, al deperimento e degrado, sino a soffrire delle stesse condizioni di una periferia.”

Il documento era apparso sul blog del comitato civico “Quasicentrum” (http://quasicentrum.blogspot.com), che aveva iniziato a programmare delle attività nel parco, delle feste di quartiere che coinvolgevano anche le attività commerciali e le istituzioni culturali vicine, con il chiaro obiettivo di dimostrare che la zona fosse meritevole di essere valorizzata, senza tuttavia ottenere subito l’effetto sperato. Con il cantiere per il Waltherpark molti problemi si sono accentuati: atti di violenza e vandalismo nella zona tra il retro del Teatro Comunale, piazza Verdi e via Marconi. In un articolo pubblicato sull’Alto Adige il 25 agosto dello scorso anno, il comitato viene così citato: “Non vogliamo perdere la speranza che il Comune si impegni nuovamente per realizzare gli interventi proposti. Basta un minimo di progettualità, di senso civico, di impegno e amore per la città”.
Siamo nel 2020 ed il Parco ha effettivamente cominciato ad ospitare frequenti spettacoli e rassegne: dal Cinema sotto alle stelle, ai concerti dell’Orchestra Haydn, al Trento Film Festival, alle iniziative della Biblioteca Claudia Augusta. Non sappiamo se le iniziative siano una conseguenza diretta degli sforzi del comitato civico. E’ tuttavia sotto gli occhi di tutti che al Parco dei Cappuccini ci sono tante iniziative culturali, che lasciano ben sperare per il futuro.

tam

Articolo pubblicato sul numero 19/2020 di QuiBolzano.

Su e giù. A piedi, ma anche in funivia.


Stefano Bonifacio, 57, anni, fa il conduttore alla funivia di San Genesio, uno degli impianti con la tecnologia più datata in provincia. Nel tempo libero, tre volte in settimana, si sposta sulla tratta della vecchia cremagliera del Renon per affrontare i 950 metri di dislivello, questa volta a piedi, con la musica nelle orecchie, posta infatti dati statistici e playlist spesso e volentieri su facebook.

(QUI) Un macchinista conduttore che si tiene in forma camminando sul percorso della vecchia cremagliera del Renon. Deve ammettere che è singolare…

(Stefano Bonifacio) Premetto che conosco molti amatori più bravi di me, più professionali, che salgono a San Genesio anche cinque volte a settimana…

Io preferisco il Renon, in quanto considero il percorso che porta a San Genesio troppo breve (poco più di 4 km), che sono poco rispetto alle tre varianti che portano a Soprabolzano.

Il percorso più lungo parte dalle passeggiate di S.Osvaldo, passa vicino alla croce per poi arrivare al Gasthof Schluff. Sono quasi 8 chilometri, ma affronti il dislivello di 950 metri in maniera meno estrema.

Io preferisco il percorso più impegnativo, poiché  mi lascia più tempo per gestire i miei impegni. Si tratta del sentiero 6 che parte in via Brennero con la salita del Gatto Nero e segue per lunghi tratti il percorso della vecchia cremagliera del Renon. Fino alla stazione a monte della funivia del Renon sono 5 chilometri e mezzo.
Quando ho un po’ più tempo faccio il percorso intermedio, dopo 3 chilometri sul sentiero 6 c’è un bivio che permette di proseguire per Soprabolzano sul sentiero numero 23, da cui si arriva alla spianata della funivia, nel piani sopra le piramidi di terra di Signato, e, passando per il Moar Hof ed il Pranzager Hof e alla fine si esce dal bosco vicino alla piscina di Soprabolzano.

Durante la salita ci siamo io, la natura e la musica, di cui sono un appassionato. Per la salita prepare una selezione di brani che devo ancora ascoltare. Ma se la musica è sbagliata, meglio camminare senza, non riesco a mantenerla sotto sforzo. Di contro se la scaletta musicale funziona, vuol dire che mi ha fatto camminare con gioia nonostante la fatica.

(QUI) Su Facebook la vediamo postare le scalette musicali, ma anche la tabella della performance

(Stefano Bonifacio) Ho notato che con la mia attività sono di stimolo a molti. Per questo posto tutto su facebook. Questa è la mia attività, l’equivalente della palestra per altri, ne vado orgoglioso, mi piace anche metterla in mostra. Salgo tre volte a settimana! Pensi che ci sono amici che mi chiedono di venire con me ed io salgo con loro, alla loro velocità, non è un problema per me.

(QUI) Perché cammina?

(Stefano Bonifacio) Cammino perché non posso più correre come in gioventù. Mi sono rovinato le cartilagini alle ginocchia e sono stato operato alla schiena. Ora mi aiuto con i bastoncini da nordic walking, mi aiutano a mantenere la schiena dritta.

Potrei fare molto meglio se dormissi di più. Purtroppo sono un dormitore breve, dormo poco più di tre ore a notte, poi rimango a letto, perché altrimenti non mi reggerei in piedi. Il poco sonno è il motivo per cui in estate vado prestissimo a camminare: vedere l’alba è bellissimo. Anche questo è un motivo per cui preferisco il Renon: salendo da S. Maddalena, fino al secondo chilometro, girandomi ho la strepitosa vista sulla città di Bolzano. Salendo invece vedo il Colle, Cornedo con il castello e Signato, poi si entra nel bosco sulla vecchia strada della cremagliera e non si vede più nulla fino a quando, al bivio tra il sentiero 6 ed il 23, non si decide di prendere quest’ultimo e allora si torna ad avere sulla destra una bella vista.

(QUI) Ci parli del Suo lavoro

(Stefano Bonifacio) Lavoro come macchinista conduttore alla funivia di San Genesio, un impianto del 1937, l’unico ad avere ancora un dipendente in cabina. La cabina passa molto vicina ai piloni, ci sono dei respingenti che servono nel caso la cabina oscillasse, per attutire l’eventuale colpo della cabina. L’anemometro (uno strumento che registra l’intensitá del vento, ndr), posto nel punto più esposto al vento, dà una registrazione che viene data al macchinista a monte, che però non vede niente. Quindi è molto importante l’uomo a bordo della cabina, che in caso di forti raffiche di vento può ridurre la velocità per evitare di andare a sbattere. E’ un po’ come in auto: non è carino andare a sbattere, seppur a velocitá ridotta perché hai il paraurti.
Pensi che fino al 2007 ho lavorato alla funivia del Renon, prima che venisse sostituita con quella che conosciamo oggi

 (QUI) Un lavoro che Le permette di avere un punto di osservazione privilegiato sul capoluogo…

(Stefano Bonifacio) Lavoro per una delle funivie più belle come panorama. Vedo la condizione di Bolzano fin dalle prime ore del mattino, la quantità di smog, per esempio la differenza prima e dopo i mercatini di Natale. Ho la visuale verso Sarentino e verso Merano e quindi riesco a vedere come si formano i temporali che arrivano su Bolzano.

(Till Antonio Mola)

Articolo pubblicato sul numero 18/2020 di QuiBolzano.